domenica 6 luglio 2014

Storie e aneddoti di UNO di Noi - Antonio Piano


Il lavoro più bello del mondo

scritto da Antonio Piano - Direttore - 

Sono Antonio, e dirigo un hotel.
Sono un direttore d’hotel, ma non per nascita; i miei inizi passano per vari lavoretti giovanili, dal servizio d’ordine al cameriere, passando per il volantinaggio e il facchinaggio per traslochi, e finendo all’autista della navetta di un villaggio turistico. È stato lì che ho conosciuto il mondo del turismo, facendo 12000km in 4 mesi su una strada semisconnessa lunga un chilometro e mezzo, caricando e scaricando gente, bagagli e merci (accorgendomi che alla fine non sapevo quale fosse la categoria migliore), senza ritmi né orari, facendo il commissioniere, l’aiutante di chiunque di qualsiasi reparto fosse in difficoltà, dalle cameriere ai piani alla plonge, assistendo il manutentore, o riparando pc e collegando stampanti alla reception…
Diciamo che forse non era il miglior lavoro del mondo, ma per me giovane studente universitario desideroso di un minimo di autonomia era il primo lavoro “serio”, pagato a stipendio (seppur stagionale) e non a giornata, e mi permetteva di pagarmi l’università, ma soprattutto, di togliermi qualche “sfizio” dell’età.
Il particolare più importante e che mi lasciò più perplesso fu che tutta la situazione, anziché indurmi a rifuggire appena se ne fosse presentata l’occasione quel mondo senza orari né ritmi, mi piacque.
Mi piacque a tal punto che decisi che quello doveva essere il mio mondo, la mia vita.
Cosa mi stava attirando a tal punto da cambiare i piani di una vita?
I soldi? No, non è che lavorando una stagione sei a posto per tutto l’anno….
La carriera? Forse… visto dall’esterno, il prestigio di cui certi direttori beneficiano, la considerazione presso la società è un indice di “potere” sociale, basato sulla funzione che si ricopre. Ovvio che uno dei sogni e/o progetti di qualsiasi uomo è arrivare a sentirsi amato nel privato e rispettato nel lavoro, arrivare a crearsi una posizione di cui sentirsi fiero e che dia soddisfazione e serenità. Ma quanti partono da zero e arrivano a quel prestigio tanto anelato? La percentuale non è propriamente attraente…
La stabilità? Nemmeno quella, col senno di poi, visto il tremendo turnover che contraddistingue questa parte di mondo del lavoro…
Di sicuro avere due lire in tasca per un giovane attira, ma anche la possibilità di conoscere posti nuovi, gente nuova, usi e costumi di cui non si supponeva nemmeno l’esistenza…di contro, paradossalmente altrettanto sicura è l’incertezza, il non sapere mai dove sarai fra tre mesi, la continua spasmodica ricerca di nuove opportunità, il dover scendere a compromessi, o per meglio dire dei mezzi ricatti dal punto di vista economico/lavorativo, il grosso rischio di capitare in posti in cui la differenza tra lavoro e schiavismo è talmente sottile che non la vedi…stagioni intere senza vedere un sol giorno di riposo, con giornate da farsi il segno della croce al mattino, perché non sai a che ora finiranno la sera…anche se poi la notte non era fatta per dormire, ma per sfogare lo stress della giornata uscendo, mangiando, bevendo e cercando di infilarsi nelle mutandine della prima che passava…
Ecco, magari attrae anche il mito della turista in vacanza, che cerca distrazione, e il più delle volte la trova… Magari straniera, magari impegnata ma con il partner rimasto in città a lavorare, sola e disponibile, che cerca un ricordo da portarsi a casa e raccontare segretamente alle amiche più strette, e che stimola l’ormone maschile peggio dei ferormoni di qualche specie di insetto di breve vita…
o magari nasce qualcosa con una collega, qualcosa che potrebbe essere anche importante, ma che finisce invariabilmente con la stagione, con uno strascico magari di qualche mese fatto di telefonate chilometriche e di sospiri…e ogni stagione che si sussegue incontri persone nuove con cui sei a strettissimo contatto per dei mesi, mesi in cui si creano dei legami apparentemente indissolubili, ma che impietosamente si sciolgono come neve al sole con la separazione forzata data dalla chiusura del villaggio/hotel in cui questi legami si sono creati;
la realtà è che finisci per stancarti di amori che nascono e muoiono nel giro di una settimana, che hanno la stessa importanza di un cerino già sfregato. Ti lasciano solo amaro in bocca perché ti rendi conto di non poter mai progettare nulla, costruire una vita insieme a qualcuno...e la conseguenza è che ti inaridisci, diventi realista/fatalista, cinico/pragmatico, e tremendamente solo, pur apprezzando la “singletudine” e la sensazione di assoluta indipendenza che la permea.
Ma allora cos’è che fa diventare il lavoro nel turismo  “il più bel lavoro del mondo”?
Se prendi le varie parti singolarmente, non si riesce a trovare un solo pregio che non comporti qualche conseguenza negativa, anche estrema; ma se lo guardi nella sua interezza, un po’ da distante, ti accorgi che è un mondo a sé, e che ci ne fa parte coscientemente si sente un “eletto”.
Il lavoro nel turismo, per chi lo fa, non è un lavoro, partiamo da questo;
è un mondo, una realtà alternativa in cui rifugiarsi, dove non conta la persona, ma la squadra, dove l’aspirazione massima è un “grazie” da parte di un ospite, dove non si vendono “solide realtà”, ma sogni, esperienze, ricordi, emozioni…
il sogno della vacanza perfetta, quella che tutti vorrebbero passare, quella dove mai nulla va storto, dove tutto funziona alla perfezione, dove tutti intorno a te sono pronti a regalarti un sorriso e mettersi a tua disposizione, facendoti sentire un re per tutto il tempo della tua vacanza anche se sei in bassa stagione e paghi un decimo di quelli che si possono permettere due settimane a ferragosto;
l’esperienza di un posto da sogno, della scoperta di nuove culture, nuovi cibi, nuove realtà in cui abbandonarsi sfuggendo al tran tran che ci accompagna il resto dell’anno;
il ricordo di una vacanza perfetta, da raccontare agli amici, che ci dà la carica per tornare alla magari grigia realtà di tutti i giorni;
l’emozione dell’aspettativa, l’emozione di un bimbo di fronte ad un gioco di prestigio, l’emozione di partecipare a qualcosa che abbiamo scelto e che ci fa stare bene, l’emozione dei saluti finali, dove la lacrimuccia pare sia maggiormente facilitata a venir giù, testimone e simbolo di una vacanza irripetibile, trascorsa nel migliore dei modi possibile…
ecco, noi lavoriamo per quella lacrima, lavoriamo per darle la possibilità di venir fuori al momento della partenza, e in quel momento tutto passa in secondo ordine, la stanchezza sparisce, dimentichi le statistiche, le prenotazioni, la contabilità, i fornitori, i controlli, lo stress, la fatica, le verifiche, l’acidità e permalosità di certi ospiti, le difficoltà di comunicazione, il timore di non essere in grado di accontentare tutti…
quella lacrima è la ricarica delle nostre batterie, è il nostro orgoglio, è la nostra soddisfazione, è la summa di tutti gli sforzi che abbiamo fatto per prepararle il terreno, quella lacrima è la nostra “mission”…
e chiunque faccia il nostro lavoro sa che non è il risultato di uno solo, nessuno è più importante di un altro, ma ciò che conta, e che fa sì che quella lacrima venga fuori, è la squadra, è il risultato che si ottiene quando tutti remano nella stessa direzione, e quando tutti si impegnano al loro massimo nel farlo.
E quella ormai famosa lacrima è linfa vitale per tutta la squadra, dalle maestranze alla direzione generale, è il nostro fine, il nostro stimolo, la nostra soddisfazione, il nostro orgoglio, ed è qualcosa che ci resta dentro, sottopelle, senza che ce ne rendiamo nemmeno conto, diventa parte di noi, diventa uno scopo di vita, un’emozione, un sogno, diventa una vita stessa.
E sempre senza che ce ne rendiamo conto, quella lacrima diventa la nostra sfida quotidiana, la nostra guerra senza frontiere contro le aspettative e lo stress di quegli ospiti che arrivano e ti accorgi che hanno veramente bisogno di una vacanza… quanto più l’ospite è difficile, tanto più la sfida ci prende, ci attrae, totalizza la nostra concentrazione e i nostri sforzi; e quanto più l’ospite è difficile, tanto più quella lacrima diventa per noi orgoglio e vittoria, frutto del lavoro di squadra e della passione di tutto lo staff nel fare ognuno il suo pezzo del puzzle che compone la vacanza.
È allora che questo lavoro diventa il più bel lavoro del mondo….

..o lo ami, o non lo fai ... 

Buon lavoro a tutti

Antonio Piano
Direttore

Hotel Lion Noir
fraz. Pila, 23
11020 Gressan (AO)
tel. +39.0165.5217.04
info@lionnoirhotel.it
Skype: Lionnoirhotel
WhatsApp: 335.698.92.11

Contatti personali di ANTONIO PIANO:
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